Il monaco e l’ebreo

 di Virgilio Avato

Ho accettato con grande gioia la proposta dell’amico Domenico Campana di presentare il suo libro “ Il Monaco e l’Ebreo”, anche perché mi da l’opportunità di tornare a Rossano e di rivivere gli straordinari momenti della storica visita del Patriarca Ecumenico Bartolomeo avvenuta proprio a settembre di due anni fa. Organizzando con Mons. Donato Oliverio il programma della visita patriarcale fu proprio chi vi parla a proporre di includere Rossano, la capitale del Thema di Calabria, la patria dei santi Nilo e Bartolomeo fondatori che della Abbazia Greca di Grottaferrata e di far sfogliare al Patriarca Ecumenico il prezioso codex. Come sapete, Rossano fu una delle ultime città della Calabria a perdere il rito greco. Oggi , con un neologismo, si usa parlare di rito bizantino. Ma proprio quando sembrava che l’ultima fiammella del rito greco si stesse spegnendo definitivamente in Italia, giunsero in Calabria i profughi in fuga dall‘Impero Bizantino occupato dagli Ottomani che si stabilirono nelle vicinanze di Rossano. Il Monastero di S. Adriano , fondato da S. Nilo,fu fra i primi a tornare a nuova vita grazie all’arrivo dei profughi provenienti dal Peloponneso, la Morea dei Veneziani che fondarono S. Demetrio Corone e le altre Comunità arbëreshë che oggi fanno parte della Diocesi di Lungro. Faccio notare che prima dell‘istituzione dell‘Eparchia di Lungro (1919) dipendevano dall‘Arcidiocesi di Rossano. Quella che io chiamo l’albanizzazione dei nostri paesi arbëreshë è iniziata alla fine dell’Ottocento/inizi del novecento a seguito delle mire espansionistiche dell’Italia sull’Albania ed è continuata con maggior forza dopo l’occupazione dell’Albania. Il nome del Collegio italo-greco di S. Demetrio Corone venne modificato in Collegio Italo-albanese e Piana dei Greci in Piana degli Albanesi. Il Collegio di S. Demetrio venne poi utilizzato per formare gli insegnanti italiani da inviare in Albania ed i militari albanesi. Lo studioso albanese Ardian Muhaj scrive: nel caso degli italo-albanesi si assistette ad un fenomeno particolarmente complesso: una diaspora nella diaspora, ossia di albanesi emigrati in Morea e successivamente passati in Italia. Muhaj continua : l‘origine degli Arbëreshë è la Morea non l‘Albania. La tesi secondo la quale sarebbero originari dell‘Albania odierna è un‘invenzione romantica che non trova conferma né nella memoria storica degli Arbëreshë e nemmeno nella documentazione coeva. Non fa onore agli studiosi Arbëreshë che sia dovuto intervenire un albanese per fare un po‘ di chiarezza sulla nostra storia ! Ciò premesso, con questa mia citazione non voglio certamente alimentare inutili polemiche, ma soltanto ristabilire la verità storica. Da ormai mezzo secolo mi occupo con passione di dialogo ecumenico e sono molto soddisfatto dei risultati ottenuti. Il mio sogno ora è di contribuire alla realizzazione di una fattiva collaborazione fra albanesi,greci ed arbëreshë. Ho parlato con i presidenti di Albania, Grecia e Italia e tutti e tre si sono dichiarati disposti ad incontrarsi in uno dei nostri paesi ed il Presidente Mattarella ha aggiunto : anche perché ho parenti arbëreshë. Peccato che a causa della pandemia non è stato possibile realizzare realizzare questo bel progetto. Ci riproverò! Ma noi oggi siamo qui riuniti per parlare dell‘ottimo lavoro dell‘amico Domenico Campana, ossia del dialogo fra S. Nilo ed il filosofo e medico ebreo Shabettai Donnolo. Leggendo il libro di Campana mi sono ricordato che qualche anno fa proprio a Rossano tenni una conferenza dal titolo “ Il Mercurion : il Monte Athos ante litteram e parlai allora della Repubblica Monastica del Mercurion che si trovava al confine fra la Calabria e la Basilicata e che precedette di qualche secolo la nascita del Monte Athos. Come il Mercurion fu un Monte Athos ante litteram, penso che anche il dialogo fra il Cristiano Nilo e l‘ Ebreo Donnolo sia stato un dialogo Interreligioso ante litteram ! Fa una certa impressione leggere che alla fine del primo millennio due personalità colte ed illuminate precedessero i tempi ed affrontassero temi che hanno avuto bisogno di oltre mille anni per riproporsi e mi riferisco al dialogo interreligioso. Nella prefazione Mons. Renzo scrive : „Donnolo rappresenta la cultura ebraica plurale che si sa allargare al pensiero neoplatonico, alla scienza dell’astrologia, al simbolismo dei numeri, ingredienti questi a cui nemmeno S. Nilo sa rinunciare, provando a dialogare proprio con l’ebreo, a cui chiede spesso in prestito dei libri. Il Rossanese da giovane sembra assorbirne abbastanza il fascino fino a quando, a 30 anni, decide di tagliare con tutti e di allontanarsi dalla città per dedicarsi alla vita monastica, senza per questo rinunciare al suo mondo, vedi l’esercizio dell’arte calligrafica che lui continuerà a praticare“ Ho voluto citare Mons. Renzo perché sarà lui ad approfondire , anche criticamente, alcune tematiche dell’opera del Campana nel contesto dello straordinario periodo storico che ha vissuto la Calabria. A Costantinopoli viveva in quel periodo una folta ed influente comunità greco-calabra ed i contatti fra Rossano e la capitale dell’mpero (la Βασίλισσα των Πόλεων La Regina delle città) erano frequenti. Bartolomeo da Simeri andava spesso ” εις την Πολην” , nella città per antonomasia, per comprare libri liturgici e paramenti sacri. Ho usato il termine εις την Πολην perché questo divenne poi il nome della città, una volta conquistata dagli ottomani, ossia Istambul. Bartolomeo da Simeri durante uno dei suoi viaggi a Costantinopoli ottenne da un funzionario di corte di origine calabra, un certo Basilio Calimeris l‘incarico di mettere ordine e ripristinare la disciplina nel monastero S. Basilio del Monte Athos. San Bartolomeo svolse la missione in modo così egregio per l‘impero ed il patriarcato tanto che da allora il monastero venne chiamato del calabrese. La parola ora al padrone di casa Sua Ecc. Mons. Maurizio Aloise, nuovo Arcivescovo di Rossano : Eccellenza La ringraziamo per il suo saluto e Le dico che appreso con piacere che la Sua prima visita da Arcivescovo di Rossano l‘abbia dedicata all‘Eparchia di Lungro. Prima di dare la parola a Sua Ecc. Mons. Donato Oliverio permettetemi di dire che l’Eparca di Lungro con i suoi Papàs,come noi chiamiamo i nostri sacerdoti, in pochi anni ha trasformato Lungro in una gemma orientale ammirata e presa come riferimento persino dai ns. fratelli ortodossi. Mons. Donato ha valorizzato le tradizioni bizantine e la lingua greca che da oltre cinque secoli è la nostra lingua liturgica ed il dialogo con i fratelli ortodossi organizzando conferenze, convegni ed incontri che hanno avuto come risultato la storica visita visita del Patriarca Ecumenico Bartolomeo nella Eparchia di Lungro. Mons. Donato ha anche dato una svolta ai rapporti fra ortodossi e Cattolici di rito bizantino. Noi cattolici di rito bizantino, che eravamo considerati un ostacolo all’Unione delle Chiese, ora siamo un ponte ed una risorsa!  A parlarci del libro di Domenico Campana sarà Mons. Renzo,vescovo emerito di Mileto Nicotera Tropea  profondo conoscitore del bios di San Nilo e della storia bizantina.