La parola “revisionismo” viene dal vocabolo latino “revidere” – riesaminare. Il riesame di teorie tradizionali è qualcosa di completamente normale, e cioè tanto nelle scienze naturali e nella tecnica quanto nelle scienze sociali, a cui appartiene la ricerca storica. La scienza non è uno stato, ma un avvenimento, cioè l’acquisizione di nuove conoscenze per mezzo della ricerca di prove. Se -per mezzo della continua ricerca- si trovano nuove prove o se -da parte di ricercatori critici- si scoprono errori in antiche dimostrazioni, ciò conduce spesso a modifiche di vecchie teorie e a volta perfino a doverle mandare al macero. Con l’espressione “revisionismo” s’intende perciò il metodo di riesaminare criticamente e sotto la lente d’ingrandimento vecchie teorie e vecchie affermazioni scientifiche, di riesaminare le loro conclusioni, e d’investigare se nuove prove possibilmente confutino o modifichino tesi e idee tramandate. Il tentativo di riesaminare e di confutare tesi e concetti tramandati è una parte integrante della scienza. Solo là dov’è permesso esporre certe affermazioni e teorie ai più duri tentativi di confutazione, si può controllare quanta verità è contenuta in queste affermazioni e teorie, e quindi avvicinarsi alla verità.
Anche le nostre opinioni sulla storia vengono investigate sempre più criticamente se si trovano nuove prove. Le tesi della ricerca storica hanno bisogno d’essere riesaminate in modo particolarmente critico in due casi, e cioè: se si ha da fare con fatti che son successi molto tempo fa e sui quali esistono solo poche prove; se si tratta di avvenimenti degli ultimi anni, cosicchè la nostra opinione su di essi può avere un grande influsso politico sul nostro mondo attuale. Nel primo caso nuove prove, anche se poche, possono mandare a gambe in aria intere immagini della storia. Per esempio, si riesamina attualmente la vecchia opinione che l’America sia stata colonizzata dagli europei solo da qualche secolo. Ritrovi archeologici dimostrano manifestamente non solo che i vichinghi hanno raggiunto l’America già verso il decimo secolo, ma anche che uomini con connotati europei vivevano lì già circa 10.000 anni fa [vedere per esempio l’articolo di John Nugent, Who were the real indigenous peoples of America?”. Nel secondo caso vale, per esempio dopo le guerre, il vecchio proverbio che il vincitore scrive la storia, e i vincitori scrivono la storia raramente in modo obbiettivo. Il riesame dell’interpretazione degli avvenimenti storici distorta dalle potenze vittoriose è spesso possibile solo se non c’è più nessuno scontro tra vincitori e vinti. Ma la cosa può durare anche secoli. Dato che la ricerca storica non ha praticamente nessuna importanza per l’economia liberale, pressappoco tutti gli istituti di ricerca storica del mondo vengono finanziati dai loro paesi. Non c’è quasi nessun istituto libero ed indipendente. Particolarmente nel campo della storia contemporanea, dove ogni governo ha massicci interessi politici, si dovrebbe perciò essere fondamentalmente diffidenti di fronte alle decisioni sulla scrittura ufficiale della storia, poichè, come dice il vecchio proverbio tedesco, “io mangio proprio di pan il filone di chi intono la canzone”! Perciò il riesame critico, dunque il revisionismo, è così importante per la storia recente – e nello stesso tempo tanto malvisto dai potenti di questo mondo!
Tratto da : www.thule-italia.net